venerdì 15 marzo 2013

Un guscio vuoto

La serratura non sembrava collaborare.
E noi sul pianerottolo ci siamo scambiati uno sguardo rapido.
Daniele ha riprovato. La chiave ha girato.
Ha aperto con cautela la porta e dietro, la luce, ha spalancato dall'interno un cielo di questa Milano tutto terso che ha gonfiato i miei polmoni.
Ho allentato l'apnea.
Siamo entrati.

Il bagno, la camera da letto, la cucina e infine lo studio.
Ordine e quiete.

Chissà cosa credevo di trovare.
Tracce sparse, residui visibili di lotte interiori.

Invece tutto era a posto, così come ho sempre visto casa tua.
I libri impolverati, impilati accanto ad alcune cartoline.
Le persiane aperte e squarci di primavera entrare sfacciati.

Potevi essere appena uscito.
A comprare qualcosa da mangiare. Dei limoni. Un salmone.

Un giorno di luglio di qualche anno fa, sornione, avevi dettato una ricetta intrigante a tavola a me e mia madre, che ti ascoltavamo ammaliate.
Questo sapevi fare bene: stregare con il tuo tono di voce basso, al limite dell'udibile.
E lo sguardo schivo, nascosto sotto i tuoi capelli pazzi.
Capelli che a toccarli sembrava di accarezzare il pelo di un animaletto. Un coniglio, un gattino appena nato.

La sigaretta e le fisherman parevano essere parte di te. Non c'era un, ti dispiace se fumo.
C'eri tu e c'era il fumo.

Lavorare con te era silenzio e rispetto.
Sapevi ascoltare.
Spegnevi in fretta le mie ansie, i miei scalpitii.
Con te tutto prendeva una dimensione lenta.

Eppoi l'ironia.
Una battuta inaspettata, buttata a caso.
E le risate che ci avvolgevano per un istante.

Questi pensieri mi abbracciavano mentre prendevo possesso del tuo spazio vuoto.
Daniele ha acceso il tuo computer e cercato i file dei nostri lavori.
Una cartella dal titolo Laura.
Data di pubblicazione: 9 febbraio 2013.

L'ultima traccia di lavoro che hai realizzato prima di sparire.

Penso al dolore che hai avuto. Alla fatica che hai fatto a realizzare i video che ti chiedevo dall'Austria, poi dall'Italia. Io spaventata per i tuoi silenzi. Spaventata per le tue parole - non credo di poter realizzare questo spettacolo con te. Sarà difficile. Ti preparo il materiale e te lo mando.

Hai lasciato una casa in ordine, hai lasciato il cellulare, i soldi, le carte.
Hai lasciato scritto che saresti andato fuori Milano a morire.

Credevo di piangere, entrando a casa tua.
Pensavo di struggermi di angoscia.

(Invece eccoti, eri sceso a gettare la spazzatura.
Sei apparso sulla porta. E con il tuo sorriso stralunato sei entrato, hai tolto le scarpe e la tua voce bassa mi ha salutata e poi abbracciata con amore.)


Ciao Francesco.
Ritorna presto, se puoi.



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